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Standard Proposal REDDITO ALLE CASALINGHE

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Abandoned more than 8 years ago: 09 Oct 2015 at 10:51 AM

Problema e/o ostacoli

apro questo nuovo topic, per la discussione verifica e attuabilità di un reddito per le casalinghe italiane.
Ma per quale motivo deve essere fatto proprio, come punto di programma politico? La risposta è molto semplice, nessun movimento politico ha realmente posto la questione, fatto propria e lanciata una proposta come una legge dello stato italiano. Il motivo è politico e di ovvia spendibilità elettorale, oltre per la copertura dei costi inerenti. Quindi si preferisce rimandare al futuro un argomento scottante, che ora invece va affrontato discusso e proposto.
Di seguito verranno inseriti schemi, diapositive e discussioni tratte dai principali quotidiani di informazione. Alla fine sarà inserito lo schema compiuto, per la copertura dei costi e le risorse da destinare alla realizzazione pratica della iniziativa.



questo è il tutorial video descrittivo:

https://www.youtube.com/watch?v=Gw2iTQEw534

Esperienze simili

politiche si sostegno del reddito delle famiglie in Europa.
Avverto che sono molto lunghe le scritture, ma ritengo che non è possibile accorciare niente, appunto per suffragare sulla scorta di dati certi, che le politiche di sostegno del reddito esistono e sono incredibilmente variegate.
I dati sono quelli che vanno dal 2009 ad oggi e sono di fonte certa.

Bebè e politiche per la famiglia: la Francia in testa alla classifica della “vecchia” europa
Alessandra Cicali

Con 801.000 nuovi nati sul continente e 33.000 nei dipartimenti d'oltremare, la Francia ha superato, nel 2008, la soglia dei due figli per donna: il più alto tasso di fecondità registrato dal 1981 (Insee - Institut National de la Statistique et des Études Économiques ).


La Francia guida il gruppo ...

Da tempo i francesi si attestano su livelli di fecondità non troppo lontani dalla soglia del rimpiazzo generazionale e il dato è in crescita nell'ultimo decennio: 1,79 figli per donna nel 1998, 2,00 nel 2006, 1,98 nel 2007 e 2,02 nel 2008. È così che la Francia si discosta dai Paesi dell'Europa continentale e meridionale, caratterizzati da tassi di fecondità molto bassi (1,30 figli per donna in Italia e Spagna, 1,36 in Grecia, 1,41 in Germania), e si pone in testa alla classifica dei Paesi con più figli, tra cui spiccano quelli nordici e anglosassoni: Irlanda (1,85), Norvegia (1,78), Danimarca (1,74), Finlandia (1,73), Svezia, Olanda e Gran Bretagna (1,66)[1]. Come mostra la tabella 1, fatta eccezione per Regno Unito da un lato e per la Germania dall'altro, la linea di demarcazione, tra il primo e il secondo gruppo di Paesi, sembra essere data dalla presenza di ben salde politiche a sostegno della famiglia. In particolare, nel 2005, la Francia ha destinato alle politiche familiari risorse pari 2,5% del PIL nazionale mentre, in Italia ci si fermava all'1,1%.



Tab.1. Spesa per le famiglie, 2005

Paesi % spesa sociale % PIL UE 27

8,0 2,1

Europa meridionale e Germania

Germania 11,2 3,2

Italia 4,4 1,1

Spagna 5,6 1,1

Grecia 6,4 1,5

Europa del Nord, paesi anglosassoni e Francia

Francia 8,5 2,5

Regno Unito 6,3 1,7

Irlanda 14,6 2,5

Danimarca 12,9 3,8

Olanda 10,7 3,0

Finlandia 11,6 3,0

Regno Unito 6,3 1,7

Norvegia 12,1 2,8

Fonte: Eurostat



Proprio nel campo delle politiche per la famiglia, del resto, la Francia vanta una lunga tradizione. Avviata già dai primi anni del secolo scorso, la politica familiare francese si è modificata nel tempo per far fronte ai cambiamenti economici e sociali. Svolte importanti si sono verificate negli anni ottanta, quando l'attenzione si è rivolta alle facilitazioni per la cura dei bambini a sostegno delle madri lavoratrici, e durante la stagione 1997-2002, quando l'impegno pubblico si è concentrato sulla riduzione delle differenze di genere e sul benessere e l'educazione dei piccoli. É attraverso questo continuo percorso evolutivo che il welfare francese è giunto al complesso sistema di interventi che attualmente opera a sostegno delle famiglie.



Una politica per la famiglia, tante misure di sostegno

Innanzitutto esistono contributi economici per le famiglie con figli. Ne sono esempio le allocations familiales: somme pagate alle famiglie con almeno due figli, elargite per i ragazzi in età scolare (fino a 16 anni), che possono essere conferite per l'intero periodo degli studi e aumentano al crescere del numero dei figli. Nel 1997, un tentativo di escludere le famiglie più ricche dal diritto al contributo è stato fortemente osteggiato, e la copertura è rimasta universale. Altre forme di sostegno sono rivolte alle famiglie più povere. Si tratta di contributi per gli affitti, del RMI (Revenu minimum d'insertion) e dell'API (Allocation de parent isolé) destinato alle famiglie monoparentali con difficoltà economiche, pagato nell'arco del primo anno di vita del figlio, e rinnovabile fino al terzo anno di età.

Per favorire l'occupazione femminile, inoltre, sono state create forme di sostegno economico orientate direttamente a coprire i costi per la cura dei figli. Fanno parte di questi provvedimenti l'APE (allocation parentale d'éducation), elargito al padre o alla madre per i bambini fino a tre anni, l'AGED (allocation de garde d'enfant à domicile) e l'AFEAMA (Aide aux familles pour l'emploi d'une assistante maternelle agréée), destinati alle famiglie che assumono baby sitter. Una fetta importante delle politiche familiari riguarda i sostanziosi sgravi fiscali e il sistema pensionistico che conteggia parte del tempo dedicato ai figli. Mentre, la presenza dei genitori durante il periodo di crescita dei piccoli è garantita secondo un sistema non troppo diverso da quello italiano: congedo parentale, maternità e paternità retribuite sono diritti per i genitori francesi. A questi si aggiungono particolari permessi di assenza dal lavoro per accudire i figli malati in età scolare. Permessi retribuiti o lavoro part-time, infine, sono consentiti ai genitori che devono accudire figli portatori di handicap o colpiti da gravi malattie.

Punto di forza delle politiche familiari francesi sono, inoltre, i provvedimenti che combinano il sostegno alla famiglia con quello all'occupazione femminile. In questo ambito, l'offerta di servizi di cura per i più piccoli appare ampia. Ai già citati aiuti di carattere economico, destinati a coloro che decidono di affidare i piccoli a baby sitter all'interno della propria abitazione, si aggiunge l'offerta delle strutture pubbliche, potenziata con un investimento da 228 milioni di euro tra il 2000 il 2001, e in ulteriore fase di espansione. Con il PAIPPE (Plan d'Aide à l'Investissement Pour la Petite Enfance), un programma di investimento da 44 milioni di euro varato nel 2007, è prevista la realizzazione di 4.000 nuovi asili entro il 2010.

Tutto questo è garantito dalla CNAF (Caisse Nationale des Allocations familiales), un ente pubblico che finanzia l'insieme delle prestazioni familiari e definisce le strategie di azione delle politiche sociali per la famiglia. La CNAF è coadiuvata nel suo lavoro da 123 CAF (Caisse d'Allocations familiales), organismi di diritto privato distribuiti sul territorio. Nel 2007, la spesa complessiva della Cassa ha superato i 66 miliardi di euro, di cui oltre 46 destinati alle prestazioni per le famiglie e 20 di sostegno alla precarietà (Tab.2 e Fig.1).



Tab.2. Spesa CNAF, 2007 (milioni di euro)



Euro Famiglia 46.153,20

Famiglia- aiuti diretti 39.268,90

Famiglia- eccetto prima infanzia e alloggio 19.057,30

Famiglia- prima infanzia 12.845,20

Famiglia- affitti 7.366,40

Famiglia- aiuti indiretti (congedo parentale, maggiorazione delle pensioni…) 6.884,30

Precariato 19.978,20

Reddito sociale minimo (RMI...) 13.253,20 ( noi nemmeno la metà?)

Alloggio (beneficiari senza figli) 6.752,00

Prestazioni totali 66.131,40

Fonte:CNAF, rapporto annuale 2008



La spesa per le famiglie è stata così suddivisa: 39,3 miliardi di euro versati direttamente alle famiglie, 6,9 miliardi per i congedi parentali e gli aiuti per l'assistenza gli anziani. Tra gli aiuti direttamente versati alle famiglie 12,8 miliardi (il 28% del totale destinato alla famiglia) sono stati riservati alla prima infanzia e 7,4 (16%) ai contributi per gli alloggi. Si tratta, peraltro, di cifre in crescita, sia per le rivalutazioni approvate nello scorso dicembre (3% per le prestazioni destinate alla famiglia e del 2,95% per quelle destinate agli affitti) sia a causa del periodo di crisi internazionale che potrebbe determinare un ulteriore incremento del sostegno pubblico all'economia familiare.

Stakeholders (persone coinvolte)

numero delle famiglie con il 'monoreddito'

L'Italia delle famiglie senza reddito
Ben 327 mila dei nuclei famigliari del Sud che non può contare nemmeno su uno stipendio ha minori a carico. Al nord a essere senza reddito sono soprattutto i single. Aumentano le famiglie dove tutti lavorano

Per avere un quadro più preciso di quante famiglie in Italia si trovano in difficoltà con il lavoro, occorre considerare tutti i dati disponibili nelle tabelle dell’Istat, oltre a quello riguardante il numero totale dei nuclei nei quali nessun componente porta a casa uno stipendio da lavoro. Queste ultime sono, nel 2013 1 milione e 130mila in aumento rispetto alle 955mila del 2012. Ma il vero “salto” c’è stato tra il 2011 e il 2012 quando da 722mila si è passati a quasi un milione.
E’ in aumento, invece, il numero elle famiglie italiane nelle quali almeno un componente lavora: si è passati da 15milioni e 907 mila del 2010 a 16 milioni e 361mila nel 2013. Sempre in aumento sono le famiglie nelle quali tutti coloro che sono in grado di lavorare, hanno un’occupazione: da poco più di 13milioni nel 2010 si è passati a 14 milioni nel 2013. Naturalmente sono importanti le differenze territoriali. Nel Mezzogiorno le famiglie nelle quali tutti lavorano sono, nel 2013, 3,8 milioni (su un totale di poco più di 8 milioni di famiglie) rispetto alle 7,2 milioni del nord (dove ci sono 12 milioni e 320mila famiglie). I nuclei monoreddito sono circa 5 milioni nel Mezzogiorno rispetto agli 8 milioni del Nord. Le famiglie nelle quali nessuno lavora sono, invece, 495mila nel Mezzogiorno rispetto alle 303mila del Nord. E, riguardo a quest’ultimo dato, il particolare ancora più importante, e allarmante, è che delle 495mila famiglie che nel Mezzogiorno non hanno redditi da lavoro, ben 327mila sono quelle con figli a carico mentre al Nord sono soprattutto i singles a non avere lavoro: 113mila.

http://www.democraziainmovimento.org/forum/index.php?action=dlattach;topic=1558.0;attach=651;image

Requisiti della soluzione

Quali sono le caratteristiche che dovrebbe rispettare la soluzione ideale? Possono essere indicati sia requisiti tecnici che valori e principi da rispettare.

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Solution 1:

Descrizione della soluzione

- Arriva un altro 8 marzo ma le barriere tra le donne e il lavoro restano. Nell'ultimo anno sono aumentate le disoccupate, sono diminuite quelle che un posto ce l'hanno e così l'Italia si risveglia con oltre un milione di scoraggiate e più di due milioni di ragazze under35 che né studiano e né lavorano.
L'esercito delle casalinghe ha quindi di che alimentarsi: nonostante i 'tempi moderni' nel 2013 si contano ancora 7 milioni 562 mila massaie. Una cifra appena limata a confronto con il 2012 (-1%), ma che la dice lunga su come sia difficile per le donne entrare nel mondo del lavoro. Infatti il numero delle occupate non si discosta poi di tantissimo (9,3 milioni). Insomma dai dati dell'Istat, elaborati dall'ANSA, sembrerebbe che la Penisola tutto sia tranne che un Paese per donne. Una realtà che appare immune dai tanti cambiamenti che hanno toccato la società negli ultimi anni. Nell'immaginario comune le casalinghe farebbero parte di un'epoca ormai sorpassata, incastonate in case dove magari non era ancora arrivata la tv.
Ma oggi, con internet e tablet, stona pensare a donne dedite esclusivamente alle faccende domestiche. Anzi, tra loro non mancano le giovani, visto che quasi 700 mila sono sotto i 35 anni.
Tutte quante rientrano nella vasta area 'grigia' dell'inattività: un limbo che raccoglie coloro che né hanno né cercano un lavoro. Una schiera diversificata, che include anche gli studenti e i pensionati. Ma che in un periodo di crisi ha visto crescere la quota dei disillusi, di tutte le persone che hanno rinunciato a cercare un posto perché pensano di non trovarlo. Tra loro le donne sono la maggior parte: nel 2013 se ne contano 1 milione 178 mila, quasi il doppio rispetto agli uomini. C'è inoltre una zona di disagio forte, che vede 2 milioni 19 mila ragazze under35 fuori sia dal mondo del lavoro sia da percorsi di formazione. Tutte giovani donne che rischiano di trasformarsi in una generazione persa. E anche in questo caso la componente femminile supera quella maschile. Soprattutto 'la questione femminile' finisce per impattare sull'intero sistema Paese. ''La maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e la loro valorizzazione professionale sono condizioni irrinunciabili per la crescita del nostro Paese'', sottolinea il ministro del Welfare Giuliano Poletti, ricordando la distanza che ''ancora separa l'Italia dalla media europea in termini di tasso di occupazione femminile''.
A proposito la leader della Cgil, Susanna Camusso, lancia una proposta: ''l'estensione della tutela della maternità a tutte le lavoratrici''. Eppure non è il coraggio a scarseggiare, se, stando ai dati di Unioncamere, lo scorso anno un'azienda ogni quattro ha visto alla guida un'imprenditrice, con punte del 30%, e questo potrebbe stupire, in province del Sud come Avellino e Benevento. Notizie non proprio positive giungono invece dall'Inail, che fa sapere come nel 2012 le lavoratrici abbiano subito un terzo del totale degli infortuni registrati. Un dato complessivo che è in calo, anche se il ribasso si fa sentire più sugli uomini (-11,2%) che sulle donne (-5,7%).

Quando dovrà essere attuata questa soluzione? Individuare le eventuali fasi di attuazione.

Soggetto attuatore e verifica

Chi dovrà attuare o far attuare la soluzione? Come saranno monitorati e verificati, in caso di attuazione, gli esiti della soluzione?

Risorse necessarie e loro reperimento

dove trovare le risorse?
le risorse come è stato esplicitato, hanno componenti figurative di costi, in realtà è un potente sistema di iniezione nell'economia reale di mezzi finanziari veri. Una spinta a far ripartire il motore dell'economia e pertanto, la risorsa si trova nel destinare un incremento del pil che vale a 2% circa 25 miliardi di euro a coprire interamente il costo totale che al massimo della sua potenzialità riesce a far sopravvivere 6.000.000 di famiglie in Italia. Quindi non si parla di piccoli numeri.
In realtà il costo effettivo è pari al 1% del pil complessivo al netto del giroconto che vale il 53% che rientra o direttamente o indirettamente, come maggiore gettito i.v.a e maggiore gettito da imposizione indiretta, poi esiste tutto il gettito derivante dal recupero fiscale reale che ogni anno vale circa 4 miliardi di € ed è giusto ed etico iniettare queste risorse solo verso le famiglie, quelle che più hanno patito la crisi in Italia. Infine esisterebbe l'ulteriore possibilità di incrementare il gettito previdenziale, che di ritorno rimpingua le casse dell'INPS, valutabile in non meno di 5 miliardi di euro annui.
Infine ed è questa la possibilità di dare fiato alla politica generale contro chi vuole un ridimensionamento del welfare, che è stato veramente messo in discussione, con politiche restrittive assurde e di conseguenza di ridare fiducia soprattutto alle fasce più deboli della nostra società, quelle famiglie che non hanno nessuna possibilità di uscire da questa situazione. E' una sfida molto importante e impegnativa ma soprattutto potrebbe dare una svolta economica per lo stato che finalmente si riconcilia con il cittadino, riconoscendo lo stato di necessità o di bisogno di tantissimi cittadini per il lavoro perso e ristabilire un criterio di equità nella capacità di spesa dei salari, ridimensionati brutalmente negli ultimi 10 anni.
Ovviamente esistono vaste possibilità di 'aggiustamento' di miglioramento o di affinature considerevoli o per meglio dire di compliance fra il preventivato e l'obiettivo da conseguire.

Aspetti etici, ambientali, sociali

QUANTO VALE IL LAVORO DELLA CASALINGA
Nel 1995, la Corte Costituzionale ha riconosciuto il lavoro delle casalinghe come un’attività lavorativa a tutti gli effetti: perché ha un elevato valore sociale ed economico e può quindi essere ricompreso nella norma costituzionale che tutela il lavoro “in tutte le sue forme” (art. 35). Nel 1997 si è arrivati all’istituzione del “Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari” (anche se la tutela per il lavoro casalingo o familiare ai fini previdenziali nasce con la legge n. 389 del 1963, che introduce la cosiddetta ‘mutualità pensioni’ per le casalinghe tra i 15 e i 50 anni dedite esclusivamente all’attività domestica e di cura della famiglia). E nel 1999 è stato introdotto un fondo speciale per l’assicurazione delle casalinghe contro gli infortuni domestici. Cosa prevedono? “Per quanto riguarda il fondo pensione, in pratica la casalinga sceglie quanto (25,82 euro il versamento minimo per vedere accreditato un mese di contribuzione) e quando (se mensilmente o con rata annuale) versare all’Inps per assicurarsi la pensione e i contributi versati sono deducibili al cento per cento dal reddito familiare” spiega Federica Gasparrini, socia fondatrice e presidente nazionale di Federcasalinghe.
“Ma il fondo pensione ha un grosso limite: i soldi versati non sono collegati all’andamento del mercato, dell’inflazione: è successo quindi un pasticcio pazzesco e, per esempio, circa 15 anni fa le donne ricevevano tipo 100 lire al mese”. L’importo finale, determinato secondo il sistema di calcolo contributivo, insomma è bassissimo. Per quanto riguarda invece l’assicurazione Inail per le casalinghe, “pagando 12.91 euro all’anno (niente invece per chi ha redditi familiari molto bassi) si ha la garanzia assicurativa in caso di incidenti in casa”.
“Insomma, queste leggi, le sentenze della corte di cassazione e della corte costituzionale e le circolari del Ministero del lavoro – aggiunge – non attribuiscono uno stipendio alle casalinghe, ma riconoscono che il lavoro svolto per il nucleo familiare ha un valore non solo sociale ma anche economico ed è equiparato, almeno dal punto di vista della tutela dei rischi da infortunio, al lavoro svolto fuori casa. Inoltre, in trent’anni di battaglie siamo riuscite a ottenere un piccolo assegno di maternità per le donne casalinghe (1500 euro spalmati su 5 mesi), un fondo per gli affitti a sostegno del pagamento del canone di locazione e il fondo di solidarietà per la sospensione (per 18 mesi) del mutuo per la prima casa, e poi ci sono i congedi parentali: il Consiglio di Stato ha riconosciuto al papà lavoratore con moglie casalinga il diritto a godere dei riposi giornalieri”.
La battaglia delle casalinghe, però, non è certo conclusa: “al momento – sottolinea Gasparrini – l’idea che lo stato si faccia carico di un assegno mensile non è attualizzabile, ma chiediamo almeno che versi contributi (la base retributiva è quella dei lavoratori metalmeccanici) alle mamme-casalinghe nei primi tre anni di vita del bambino, perché non stanno crescendo semplicemente il proprio figlio, ma un cittadino; dobbiamo creare inoltre una rete di occupazione per le casalinghe, ricorrendo allavoro occasionale accessorio (non contrattualizzato), da pagare con i voucher lavoro che prevedono copertura Inail e Inps . Ed è importante istituire un fondo di formazione in modo che la donna che ha scelto o ha dovuto scegliere di rimanere a casa possa seguire corsi professionalizzanti per reinserire nel mondo del lavoro, quello retribuito. Così come sono auspicabili finanziamenti pubblici per favorire la nascita di microimprese al femminile”.
Perché in fondo, stando alle parole della presidente di Federcasalinghe, non esiste donna felice di essere casalinga per tutta la vita quindi, più che uno stipendio, rivendica a gran voce il diritto delle donne di far valere le proprie competenze a livello professionale nel momento in cui le esigenze familiari sono tali da non richiedere un lavoro domestico a tempo pieno.
Può essere interessante, a tal proposito, dare un’occhiata alla ricerca commissionata dall’Assessorato al lavoro della Provincia di Firenze al Dipartimento di scienze politiche e sociologia dell’ateneo fiorentino: “Io lavoro a casa“. Il mondo delle casalinghe a quanto pare è abitato da quattro diversi profili di donne: le soddisfatte (sono forse quelle più in età, che rivendicano con forza la loro scelta), le temporanee (mediamente più giovani, sono in attesa di occasioni favorevoli per rientrare nel mercato del lavoro), le costrette (fanno le casalinghe ma la dimensione domestica a loro sta decisamente stretta) e le adattate (hanno una storia lavorativa alle spalle e si son trovate nella condizione di decidere di seguire attività domestiche

Family Day this! Confronto tra Germania e Italia sulle politiche per la famiglia

Sia Italia che Germania non sono campioni mondiali per natalità. Stando alle previsioni delle Nazioni Unite del 2006 tratte dal United Nations World Population Prospects fatte per il periodo 2005-2010, il numero di figli previsti per ciascuna donna in periodo fertile è rispettivamente di 1.38 e 1.36, ossia l’Italia si assesta alla 173-esima posizione e la Germania alla 175-esima al mondo.

In realtà la Germania ha adottato e perfeziona da parecchi anni una politica di sostegno, tesa a favorire la crescita delle famiglie. Si parte ossia dall’assunto che senza nascite il futuro di una nazione è nero. Come giovane genitore residente in Germania godo per esperienza diretta dei benefici di tali politiche.

Esse si possono riassumere nei seguenti punti: tasse, incentivi, lavoro, assistenza sanitaria e sostegno sociale. Andiamo per ordine? Andiamo per ordine.

1 TASSE. Il metodo d’imposta sui redditi si basa sull’individuazione di sei classi (Lohnsteuerklasse) secondo la composizione familiare delle entrate; paga ovviamente meno chi ha a carico la conduzione familiare senza altre entrate. Le imposte vengono inoltre ridotte all’aumentare del numero di figli (Kinderfreibetrag).

2 INCENTIVI. Ogni figlio riceve un assegno familiare (Kindergeld) pari a 164€/mese almeno fino al 18° anno di età, estendibile fino al massimo al 25° in caso di studio, indipendentemente dal reddito dei genitori. Nel caso in cui la famiglia stia affrontando l’acquisto della prima casa, oltre ai ~10.000€ di contributi distribuiti su 8 anni di cui gode ogni nuovo proprietario di prima casa (Heimzulage) lo stato aggiunge 250€ all’anno per ogni figlio per la restante durata del contributo.

3 LAVORO. Il genitore che desideri prendere una pausa dopo la nascita di ogni figlio (Elternzeit) può farlo senza paura di perdere il posto di lavoro. La legge fissa un periodo massimo di 3 anni in cui il datore di lavoro deve garantire il reintegro senza alcuna variazione di contratto o di mansione. I conributi di anzianità e l’assistenza sanitaria continuano ad essere pagati in questo periodo dallo Stato. Ovviamente in questo periodo il genitore non è pagato dal datore di lavoro. Tuttavia a sostegno per i primi 12 mesi per un solo genitore o per 14 distribuiti sui due genitori (per esempio nel caso in cui anche il padre si voglia assentare per un paio di mesi dal lavoro), lo stato contribuisce con l’Elterngeld, un contributo pari al 67% dello stipendio netto del genitore in pausa; il valore minimo del contributo è pari a 300€ e massimo 1800€ esentasse. Il genitore che decide di restare a casa può comunque continuare attività part-time per un massimo di 30 ore settimanali, potendo sempre godere dell’Elterngeld. Più di spingere così il genitore a restare a casa? Infine le grandi ditte forniscono nel periodo di maternità possibilità di rimanere in contatto con il mondo del lavoro tramite incontri tra genitori e ufficio del personale; al rientro dai tre anni di maternità le ditte mettono a disposizione posti presso asili nido convenzionati; non è infrequente la possibilità di lavoro home office e formule di part-time molto estreme (20%).

4 ASSISTENZA SANITARIA. L’assistenza sanitaria (Krankenkasse) sostiene le madri con diverse attività. Dopo la nascita del figlio è possibile ricorrere ad una ostetrica (Hebamme), la quale effettua 10 visite gratis a domicilio per controllare lo stato di salute del neonato e della madre, per fornire supporto psicologico e per dare consigli pratici (incluso come fare il bagnetto al neonato, come allattarlo e come cambiargli i pannolini). Le dieci lezioni del corso di preparazione parto e le successive dieci di riabilitazione post-parto sono interamente pagate dalla cassa malati, secondo il principio della prevenzione (più si sostiene prima, meno rischio c’è di dover ricorrere a cure più costose dopo). Nel malaugurato ma non infrequente caso d’infortunio della madre durante il periodo dello svezzamento (ad esempio una banale storta ad una caviglia), su prescrizione del medico la cassa malati paga una persona per il periodo della guarigione per fornire sostengo per 8 ore al giorno nelle faccende di casa. Infine esistono numerosi progetti di sostegno da parte dell’assistenza sanitaria, come ad esempio una tantum da 40€ per la partecipazione a corsi sull’educazione infantile (Kindererziehung).

5 SOSTEGNO SOCIALE. Stato e chiese (Cattolici e Protestanti) sono utilmente alleate a sostegno delle famiglie: le parrocchie mettono a disposizione locali allo Stato per corsi di sostegno alle madri (Hebammesprechstunde); con la scusa di fornire suggerimenti su come crescere i neonati e risolvere gli eventuali problemi, lo Stato paga ostetriche per fornire sostegno psicologico alle nuove madri e per prevenire casi di isolamento; i corsi settimanali sono distribuiti un poco ovunque, sono del tutto gratuiti e completamente aconfessionali (vi partecipano anche i numerosi Musulmani e atei per intenderci); inoltre non ci sono limiti alla quantità di corsi a cui ciascuna madre può partecipare. Dato che in Germania circa un terzo dei nuovi nati del 2008 proviene da famiglie in cui almeno uno dei genitori non è tedesco, per pochi euro (3-4€) è inoltre possibile partecipare a corsi di sostegno ad esempio per l’integrazione linguistica dei bambini. La Croce di San Giovanni inoltre fornisce corsi a pagamento per il pronto soccorso ai bambini per modiche cifre, mentre ci sono numerosissimi corsi a pagamento (spesso convenienti) per lo sviluppo motorio del neonato (Babymassage, Babyschwimmen, Joga mit Baby, PEKiP-Kurs…) sostenuti da ospedali e associazioni.

Per completezza bisogna dire che tutti gli incentivi esentasse costituiscono entrate e quindi devono essere dichiarati nella dichiarazione dei redditi, facendo eventualmente scattare il gradino superiore di tassazione sull’imponibile; ma ci si vuole lamentare?

La bellezza dello Stato tedesco sta proprio nel sostegno integrale alle famiglie e soprattutto alle donne che facciano la difficile scelta di mettere al mondo figli al giorno d’oggi. Il che aiuta molto di più di chiacchiere bacchettone sui valori della famiglia a cui però corrisponde poco o niente in termini di sostegno concreto.

Cosa preferire tra un Family Day senza sostegno e un sostegno senza Family Day?

politica fiscale ( leva fiscale) di stimolo sui consumi.

Lo stimolo sul consumo di beni e servizi, vale in media il 53% del costo del bene. Posto 100 il valore al consumo di beni o di servizi, non varia mai l'importo della componente fiscale ( indiretta e diretta). La media iva, posto 100 il valore varia da un minimo di 4% ad un massimo del 22%. Le tre aliquote combinate in media valgono 4+10+22/3= 12%. Pertanto qualsiasi bene o servizio ha internamente una imposta media indiretta del 12%. Quindi su 100 di erogato in realtà 'resta' tecnicamente l'88% in mano al contribuente. Il 12% è partita di giro contabile. La componente diretta, al minimo vale il 23%, in realtà è un valore prudenziale, perchè in alcuni casi la componente diretta vale al minimo il 27,5%. Ma teniamoci ancora prudenti e quindi 12 + 23 = 35% resta di 100 = 65.
Poi esiste una componente previdenziale che vale in media almeno il 18%, anche questo è un valore prudenziale, in quanto in realtà vale almeno il 28%. Sempre per un valore 'prudente' siamo a 35 + 18 = 53%, resta al netto il 47% di 100 di valore.
Tutto questo ragionamento per AFFERMARE che 100 € alla casalinga che spende interamente la sua provvidenza ha un ritorno fiscale del 53%. ( questo avviene ogni giorno, tutti i giorni 365 giorni all'anno), il costo netto statale è dunque il 47% della spesa figurativa totale.
Ovvero 10 miliardi di euro SPESI PER COPRIRE UN COSTO PER 3.000.000 DI CASALINGHE che si trovano nella condizione, di non avere che un mono reddito, che stanno un grave situazione di indigenza, valgono non quell'importo ma bensì in media 4,7 miliardi, il resto per il ragionamento di prima è tutto rientrato allo stato!

Elencare e riassumere i principali svantaggi e problemi di questa soluzione. Indicare chi sono i soggetti interessati dagli svantaggi.

Solution 2:

Descrizione della soluzione

veniamo ora all'analisi dei costi:
prima di tutto è utile indicare la no tax area che oggi è attestata a 8.000 €.
la tabella dal 2007 non è cambiata.

Nuove Aliquote IRPEF
Scaglione di reddito
No tax area
Limite di reddito sotto il quale
non si pagano tasse
sotto gli 8.000 Euro per i lavoratori
sotto i 7.500 Euro per i pensionati
sotto i 4.800 per i lavoratori autonomi
23% fino a 15.000 Euro
27% da 15.000 a 28.000 Euro
38% da 28.000 a 55.000 Euro
41% da 55.000 a 75.000 Euro
43% Per redditi superiori a 75.000 euro
in realtà ci sono molti fattori che beffardamente tagliano la no tax area come ad esempio i redditi da prima casa e i redditi al minimale dei componenti del nucleo familiare, con l'obbligo di cumulo. In alcuni casi il ragionamento funziona in altri assolutamente no. Infatti la differenza fra 8 mila e 9 mila sfido chiunque a percepirla come limite per applicare 230 € di imposte su 1.000 € e quello che resta ovvero 700 € circa che diviso dodici non fa nemmeno 60 € netti in più al mese. ( mezzo carrello della spesa media in un discount). La perequazione deve o dovrebbe tendere a circa 1.000 € al mese, ma 4.000 € in un anno che valgono per lo stato ( 230 X 4)= 920 € di imposte complessive sulla differenza complessiva fra 8 mila € e 12 mila € , sarebbe un danno enorme per le casse statali, ma rappresenterebbero la soluzione di un numero impressionante di problemi per i cittadini.
In tutti quei casi in cui il reddito complessino del nucleo familiare non arriva a questa soglia minima, potrebbe essere valido il ragionamento di irrobustire ( misure di sostegno ) tale reddito complessivo per la differenza ovvero 4.000 € annuali, in modo tale da arrivare per l'appunto a 12.000 € in un solo anno solare . Pertanto in questo ragionamento ogni qual volta il reddito non arriva a questo volume, la famiglia con il mono reddito, potrebbe ottenere il sussidio a scalare sino a questa soglia. Si conclude, che la famiglia con 8.000 € ( escluso il reddito della prima casa) ha il diritto, almeno uno dei coniugi ( casalinga ) ad ottenere il massimo provvedimento possibile che è di 4.000 € in un anno e ovviamente come sale la soglia di reddito, diminuire per la differenza, appunto per arrivare a 12.000 €. Quello che bisogna evitare è di dare soldi a chi non li deve avere e far arrivare a cifra giusta invece chi li deve invece ottenere per 'vivere'.

Come ottenere questa condizione? Prima di tutto attraverso una domanda volontaria ( inps ) oppure direttamente al ministero delle finanze, magari con domande da presentare direttamente all'agenzia delle entrate che la fa ' volontariamente' la casalinga che non ha nessun tipo di lavoro, tranne quello derivante dal reddito del coniuge e tranne quello derivante dal reddito da prima casa che resta escluso sempre o nel caso non esiste il coniuge, dichiara semplicemente che non svolge alcuna attività. Questa domanda bisogna rinnovarla obbligatoriamente entro il mese di ottobre di ogni anno e l'utente è tenuto a dichiarare tutte le variazioni intervenute nel corso dell'anno, che hanno determinato redditi superiori e quindi perde il beneficio dell'integrazione, sempre entro la concorrenza dei 12 mila € in un solo anno solare. Chi è infedele prima perde il diritto e poi lo risarcisce o anche non certifica i redditi presso o un padronato o presso intermediari abilitati, perde il beneficio dal mese di gennaio successivo e una sanzione nel caso di furbacchioni. Il meccanismo molto semplificato è agganciato ad una tessera munita di codice fiscale incedibile, che utilizza l'utente presso qualsiasi esercizio commerciale e presso qualsiasi ente pubblico che è obbligato ad accettare e che lo stato 'ricarica'' automaticamente mese per mese. Su tale tessera identificativa la quota mensile entro l'ammontare dei 4.000 € massimi erogabili in un anno . In questo modo si eliminano tutti i costi di intermediazione e in ogni caso, la tessera è utilizzata nei limiti delle somme che sono versate sopra, mese per mese che vale al massimo 330 € nel mese solare, con obbligo di utilizzo ( in questo modo si evita di lasciare accumuli sulla carta e si impone il 'vincolo di spesa' obbligatorio, che ha una spiegazione tecnica ben precisa, che sarà fatta nel prosieguo ). Questa provvidenza non entra nella dichiarazione dei redditi nel modo più assoluto e quindi in testa all'utente, non resta che l'obbligo di dichiarare variazioni e rinnovi presso gli enti preposti.

Successivamente SARA' ESPLICITATA UNA TABELLA DEI COSTI TOTALI ANNUALI PER LO STATO ITALIANO

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Soggetto attuatore e verifica

conclusione:

penso sia del tutto inutile allegare altra documentazione, in quanto come è possibile leggere,

E' PIENAMENTE FATTIBILE EROGARE 4.000 € ANNUI ALLE CASALINGHE


l'errore delle politiche sociali in Italia è nella qualità e nella quantità degli interventi, altri stati europei, quando hanno firmato i trattati dell'Unione, hanno lasciato completamente fuori queste provvidenze, per cui non le devono trattare mai, come aiuti di stato. I nostri amati politicanti, non lo hanno fatto e dunque ogni variazione te la fanno pagare con il sangue vero delle risorse da grattare dai barili. E' così tanto vero questo concetto che persino nelle politiche del lavoro l'Italia si sta letteralmente svendendo dal lato welfare, maltrattando il cittadino. Moltissimi non si sono resi affatto conto del baratro aperto per tanti giovani che non trovano lavoro prima dei 35 anni e che la somma degli anni di contribuzione più la somma dei contributi stessi, leverà completamente il welfare dei prossimi 50 anni. Se queste facezie fossero conosciute bene dal mondo giovanile, in Italia domani mattina ci sarebbero sommosse incontrollabili. La responsabilità della classe dirigente attuale, ha determinato storture dello stato sociale e prima del precipizio occorre una profonda revisione di una quantità impressionante di norme lacci e lacciuoli, per riaffermare le politiche dei salari che non devono essere abbattuti, ma sostenuti concretamente. Una provvidenza a favore delle casalinghe, è nel solco di questa prerogativa ed è giusto ed etico, far proprio questo tema di fondamentale importanza sociale nel programma

Risorse necessarie e loro reperimento

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Aspetti etici, ambientali, sociali

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