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Standard Proposal Commento al Piano La Buona Scuola e proposte per l'accesso all'insegnamento, in particolare dei dottori di ricerca

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Problema e/o ostacoli

Il Piano di riforma presentato dal Governo rischia di rendere ancora più critica di quanto sia già attualmente la situazione di quanti vogliano intraprendere la professione di insegnante. In particolare, il titolo di dottore di ricerca viene per l'ennesiamo volta disconosciuto e non valorizzato dal legislatore.

Commenti al Piano La Buona Scuola e proposte per Dottori di Ricerca

Di Erica Camnasio

Un Piano che penalizza fortemente un’intera fascia generazionale:

Dalla lettura delle linee guida del Piano La Buona Scuola, si ritiene apprezzabile la volontà del Governo di far ripartire la macchina dei concorsi per il reclutamento degli insegnanti, tuttavia sarebbe giusto aprire tali concorsi a tutti i laureati, senza discriminare chi ha conseguito la laurea prima del 2001 da chi l'ha conseguita dopo. Nella sua forma attuale, invece, il Piano La Buona Scuola penalizza fortemente un’intera fetta della popolazione-aspirante-insegnante, solo sulla base della sua età anagrafica.

Infatti, molti giovani che attualmente hanno intorno ai trent’anni, laureati post 2001, non hanno ancora potuto ottenere l’abilitazione per vari e svariati motivi, non ultimo dei quali il fatto che per esempio alcuni di essi sono stati impegnati per anni nei corsi di dottorato, incompatibili per legge con i TFA. Ora, il Piano La Buona Scuola vuole escluderli dalla possibilità di partecipare al prossimo concorso previsto a fine 2015, solo per il fatto che sono “nati troppo tardi” e non hanno potuto ottenere l’abilitazione nei SOLO 2 cicli di Tfa (di cui uno deve ancora iniziare) che sono stati banditi negli ultimi anni, molto tempo dopo la chiusura delle storiche SSIS.

Questa discriminazione basata sull’età anagrafica è incomprensibile, visto che i due titoli di laurea vecchio e nuovo ordinamento sono a livello legale in tutto equivalenti.

Naturalmente, chi in questi anni ha conseguito l'abilitazione, tramite SSIS o TFA o PAS, dovrebbe poter vedersi riconosciuti nel concorso dei punti in più, in riconoscimento del proprio percorso formativo.

In conclusione, ritengo che eventualmente dovrebbe essere un concorso aperto a tutti i laureati (seguito eventualmente da un periodo di tirocinio in aula) a stabilire se un insegnante è o non è meritevole di insegnare, non la sua età anagrafica.

Inoltre, bisogna notare che una recente sentenza del TAR del Lazio ha infatti ammesso che i ricorsisti che nel 2012 parteciparono al concorso del 2012 pur non essendo in possesso dell’abilitazione, sono nel giusto. Dunque, riteniamo che il Governo debba rivedere le sue posizioni, anche alla luce di questa sentenza, andando ad abolire la discriminazione tra laureati ante e post 2001. Si veda: http://www.orizzontescuola.it/news/concorso-insegnanti-valido-anche-laureati-dopo-200102-sentenza-tar

Un Piano che non valorizza affatto il titolo di Dottore di Ricerca:

Nel Piano proposto dal Governo, manca del tutto la debita valorizzazione del titolo di dottore di ricerca che, a differenza di vari altri titoli che sono stati acquisiti da alcuni in questi ultimi anni a pagamento, con qualità e modalità dubbie, è al contrario un titolo di gradissimo valore scientifico e culturale, e rappresenta il massimo titolo conferibile dalle università, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Infatti, i dottori di ricerca hanno generalmente già dovuto superare una selezione molto severa per poter accedere ai posti di dottorato, ed hanno in seguito, durante i tre anni del percorso dottorale, approfondito la propria formazione in ambito scientifico e culturale.

Di conseguenza, il titolo di dottore di ricerca, che già spesso in Italia viene disconosciuto in ambito professionale, al contrario di quanto accade generalmente nel resto d’Europa, dovrebbe almeno trovare una giusta valorizzazione nel mondo della scuola. Altrimenti, ci si potrà solo continuare a lamentare per la fuga di cervelli dal nostro Paese, fuga che costituisce una grossa perdita per lo Stato italiano, sia in termini di perdita culturale e scientifica, sia per il fatto che tra l'altro lo Stato ha già speso ingente denaro per la formazione dei dottori di ricerca, ad esempio tramite le borse di dottorato.

La prospettiva, proposta dal Piano La Buona Scuola, di poter ottenere l'abilitazione attraverso 2 anni di laurea specialistica, non è accettabile per figure come i dottori di ricerca, per il fatto che essi hanno già alle spalle 8 anni di formazione universitaria. I Dottori di Ricerca non possono quindi essere messi allo stesso livello di neo-laureati triennali, per il fatto che la formazione di un Dottore di Ricerca è già di livello superiore a quello di una laurea specialistica, tanto più di una laurea triennale.

Per questo, crediamo sia necessario predisporre percorsi abilitanti studiati ad hoc per i Dottori di ricerca, come anche per altre figure che già hanno insegnato per vari anni nella scuola, i quali non dovrebbero anch’essi essere insensatamente costretti a frequentare due anni di laurea specialistica, dopo aver già ottenuto nella loro formazione una qualifica di tale grado. Un esempio di tali percorsi potrebbero essere i già esistenti PAS, di cui vorremmo richiedere la imminente riattivazione e la possibilità di iscrivervisi anche per i Dottori di Ricerca.

Altrimenti, per quanto riguarda i Dottori di Ricerca, si potrebbe pensare di istituire percorsi (certo non della durata di due anni!) in cui essi possano acquisire, nel caso la propria formazione ne sia carente, le necessarie competenze pedagogiche ed educative richieste dalla professione di insegnante, le quali andrebbero ad integrare le competenze scientifiche e culturali da essi già possedute. Anche un periodo di tirocinio in aula (si spera retribuito) potrebbe essere utile e auspicabile, prima dell’inserimento definitivo nel mondo dell’insegnamento

Le proposte del nostro gruppo:

- Siamo concordi con la proposta del M5S di aprire i futuri concorsi a tutti i laureati, perché anche noi riteniamo che la laurea sia già titolo sufficiente per accedere ai pubblici concorsi, (ovviamente per le classi di concorso definite da legge), e non una fantomatica abilitazione. Certamente, chi sia già in possesso dell’abilitazione, dovrebbe, per giustizia, vedersi riconosciuto nella valutazione del concorso, un punteggio aggiuntivo in virtù dell’abilitazione già conseguita. Per contro, anche noi dottori dovremmo avere diritto ad un punteggio aggiuntivo che tenga debitamente in conto del nostro titolo di studio. La proposta attuale del Governo, di aprire il concorso del 2015 solo agli abilitati e ai laureati ante 2001, discrimina fortemente e ingiustamente un’intera fascia generazionale di giovani aspiranti docenti. Tra l’altro, in occasione del concorso del 2012, il ricorso di alcuni docenti laureati post-2001, i quali richiesero di essere ammessi al concorso in virtù dell’assoluta equivalenza a livello legale della loro laurea post-2001 con quelle ante-2001 è stato accolto dai giudici. Dunque non si capisce perché il Governo voglia continuare a discriminare i due tipi di lauree.

- Siamo anche favorevoli ad un periodo di tirocinio (retribuito), come suggerito dal M5S, che, mettendo alla prova sul campo l’aspirante docente, sarebbe molto più valido ed efficace delle lezioni ancora inutilmente teoriche somministrate durante i tfa. Infatti, visto che per accedere ai corsi di tfa bisogna dimostrare una conoscenza approfonditissima della materia, per superare le prove selettive, non si capisce perché una persona dovrebbe poi di nuovo ascoltare lezioni teoriche riguardanti una materia che ha già dimostrato di padroneggiare perfettamente.

- In realtà, seguendo la linea di ADIDA, noi prospettiamo anche una via di reclutamento alternativa ai concorsi, per il fatto che temiamo che di fatto l’indizione dei concorsi stessi sarebbe, come si è già potuto sperimentare nei decenni appena trascorsi, estremamente saltuaria e dunque totalmente inadeguata alle reali necessità del corpo docente e del sistema scolastico stesso. Ci azzardiamo a proporre di basare il reclutamento dei docenti solo sulla base delle graduatorie già esistenti (e che dovrebbero essere aggiornate ovviamente con cadenza prefissata), nelle quali il giusto peso dovrebbe essere dato ai titoli accademici posseduti, come il dottorato di ricerca, e all’anzianità di servizio, mentre secondo noi dovrebbero essere messa al bando la possibilità di acquisire punteggi con corsi a pagamento di dubbia natura, come invece è successo spesso negli ultimi anni. Caldeggiamo la creazione di una graduatoria unica, suddivisa ovviamente per materie, a livello provinciale o addirittura regionale, in modo da evitare l’assurdo terno al lotto delle 20 scuole da inserire nel modello B.

- Qualora venisse deciso di istituire ancora dei percorsi abilitanti speciali, sulla scia dei PAS già banditi e svoltisi recentemente, come molte associazioni stanno attualmente richiedendo, noi saremmo ben felici di parteciparvi. Infatti, secondo noi avrebbero diritto ad accedervi sia i dottori di ricerca, in riconoscimento e valorizzazione del loro percorso formativo, sia i docenti che abbiano già maturato esperienza nel campo dell’insegnamento. Bisogna sottolineare a questo proposito che è anche in atto un ricorso da parte di un gruppo di dottori di ricerca, i quali nel 2013 hanno chiesto tramite Anief, ed ottenuto, l’accesso ai Pas (seppure ancora solo in via cautelare, per il momento). Qualora il loro ricorso dovesse avere successo, sarebbe molto discriminatorio per noi altri dottori non poter avere accesso anche noi ad un Pas. Non è possibile infatti che in Italia si vada avanti a colpi di ricorsi e provvedimenti solo per pochi fortunati. Le conquiste (ottenute per vie legali a pagamento) di alcuni dovrebbero invece diventare diritti legalmente riconosciuti per l’intera collettività del corpo docente. Siamo dunque favorevoli all’istituzione di Percorsi abilitanti brevi per i dottori di ricerca e i docenti che già hanno insegnato per anni, per i quali, come per noi dottori di ricerca, avrebbe poco senso dover seguire ancora lezioni teoriche su materie già da noi padroneggiate, gli uni avendo già esercitato la professione per anni, gli altri avendo approfondito ad alto livello universitario la propria preparazione. Sarebbe dunque opportuno impostare questi Pas come dei percorsi in cui vengano fornite soprattutto delle competenze in ambito pedagogico ed educativo, anche se riteniamo che in fondo la migliore “scuola” per questo sia proprio l’insegnamento in una vera classe, come avverrebbe durante il periodo di tirocinio.

- Desidereremmo anche veder riconosciuta in qualche modo, in termini di servizio presso il MIUR, l’attività didattica svolta dai noi dottori di ricerca presso le Università la quale, pur presentando qualche carattere differente (secondo alcuni) dall’insegnamento scolastico (se non altro la maggiore maturità degli studenti universitari), è tuttavia ATTIVITA’ DIDATTICA a tutti gli effetti: infatti, la quasi totalità dei dottori di ricerca ha, per anni, tenuto lezioni frontali, aiutato studenti nella stesura della tesi, svolto attività di laboratorio con gli studenti, interrogato in occasione degli esami e corretto una grande mole di compiti scritti. Ci sembra quindi ingiusto ed inaccettabile che tutto questo lavoro in ambito didattico agli occhi del MIUR non valga niente, e che il Piano La Buona Scuola voglia di fatto equiparare noi dottori di ricerca (e anche i laureati magistrali/specialistici) a dei semplici neo-laureati triennali, costretti ad iscriverci nuovamente ad un biennio di specializzazione, che nulla aggiungerebbe di sostanziale alle competenze già da noi possedute.

Esperienze simili

Esistono esperienze a cui ispirarsi per raggiungere l'obiettivo? Tra le possibili soluzioni/iniziative già messe in atto, quali hanno raggiunto migliori risultati e quali peggiori? Perché?

Stakeholders (persone coinvolte)

Dottori di ricerca, in particolare quelli regolarmente in possesso dei CFU per l'insegnamento delle materie richieste, iscritti nelle graduatorie d'istituto.

Requisiti della soluzione

Le proposte del nostro gruppo:

- Siamo concordi con la proposta del M5S di aprire i futuri concorsi a tutti i laureati, perché anche noi riteniamo che la laurea sia già titolo sufficiente per accedere ai pubblici concorsi, (ovviamente per le classi di concorso definite da legge), e non una fantomatica abilitazione. Certamente, chi sia già in possesso dell’abilitazione, dovrebbe, per giustizia, vedersi riconosciuto nella valutazione del concorso, un punteggio aggiuntivo in virtù dell’abilitazione già conseguita. Per contro, anche noi dottori dovremmo avere diritto ad un punteggio aggiuntivo che tenga debitamente in conto del nostro titolo di studio. La proposta attuale del Governo, di aprire il concorso del 2015 solo agli abilitati e ai laureati ante 2001, discrimina fortemente e ingiustamente un’intera fascia generazionale di giovani aspiranti docenti. Tra l’altro, in occasione del concorso del 2012, il ricorso di alcuni docenti laureati post-2001, i quali richiesero di essere ammessi al concorso in virtù dell’assoluta equivalenza a livello legale della loro laurea post-2001 con quelle ante-2001 è stato accolto dai giudici. Dunque non si capisce perché il Governo voglia continuare a discriminare i due tipi di lauree.

- Siamo anche favorevoli ad un periodo di tirocinio (retribuito), come suggerito dal M5S, che, mettendo alla prova sul campo l’aspirante docente, sarebbe molto più valido ed efficace delle lezioni ancora inutilmente teoriche somministrate durante i tfa. Infatti, visto che per accedere ai corsi di tfa bisogna dimostrare una conoscenza approfonditissima della materia, per superare le prove selettive, non si capisce perché una persona dovrebbe poi di nuovo ascoltare lezioni teoriche riguardanti una materia che ha già dimostrato di padroneggiare perfettamente.

- In realtà, seguendo la linea di ADIDA, noi prospettiamo anche una via di reclutamento alternativa ai concorsi, per il fatto che temiamo che di fatto l’indizione dei concorsi stessi sarebbe, come si è già potuto sperimentare nei decenni appena trascorsi, estremamente saltuaria e dunque totalmente inadeguata alle reali necessità del corpo docente e del sistema scolastico stesso. Ci azzardiamo a proporre di basare il reclutamento dei docenti solo sulla base delle graduatorie già esistenti (e che dovrebbero essere aggiornate ovviamente con cadenza prefissata), nelle quali il giusto peso dovrebbe essere dato ai titoli accademici posseduti, come il dottorato di ricerca, e all’anzianità di servizio, mentre secondo noi dovrebbero essere messa al bando la possibilità di acquisire punteggi con corsi a pagamento di dubbia natura, come invece è successo spesso negli ultimi anni. Caldeggiamo la creazione di una graduatoria unica, suddivisa ovviamente per materie, a livello provinciale o addirittura regionale, in modo da evitare l’assurdo terno al lotto delle 20 scuole da inserire nel modello B.

- Qualora venisse deciso di istituire ancora dei percorsi abilitanti speciali, sulla scia dei PAS già banditi e svoltisi recentemente, come molte associazioni stanno attualmente richiedendo, noi saremmo ben felici di parteciparvi. Infatti, secondo noi avrebbero diritto ad accedervi sia i dottori di ricerca, in riconoscimento e valorizzazione del loro percorso formativo, sia i docenti che abbiano già maturato esperienza nel campo dell’insegnamento. Bisogna sottolineare a questo proposito che è anche in atto un ricorso da parte di un gruppo di dottori di ricerca, i quali nel 2013 hanno chiesto tramite Anief, ed ottenuto, l’accesso ai Pas (seppure ancora solo in via cautelare, per il momento). Qualora il loro ricorso dovesse avere successo, sarebbe molto discriminatorio per noi altri dottori non poter avere accesso anche noi ad un Pas. Non è possibile infatti che in Italia si vada avanti a colpi di ricorsi e provvedimenti solo per pochi fortunati. Le conquiste (ottenute per vie legali a pagamento) di alcuni dovrebbero invece diventare diritti legalmente riconosciuti per l’intera collettività del corpo docente. Siamo dunque favorevoli all’istituzione di Percorsi abilitanti brevi per i dottori di ricerca e i docenti che già hanno insegnato per anni, per i quali, come per noi dottori di ricerca, avrebbe poco senso dover seguire ancora lezioni teoriche su materie già da noi padroneggiate, gli uni avendo già esercitato la professione per anni, gli altri avendo approfondito ad alto livello universitario la propria preparazione. Sarebbe dunque opportuno impostare questi Pas come dei percorsi in cui vengano fornite soprattutto delle competenze in ambito pedagogico ed educativo, anche se riteniamo che in fondo la migliore “scuola” per questo sia proprio l’insegnamento in una vera classe, come avverrebbe durante il periodo di tirocinio.

- Desidereremmo anche veder riconosciuta in qualche modo, in termini di servizio presso il MIUR, l’attività didattica svolta dai noi dottori di ricerca presso le Università la quale, pur presentando qualche carattere differente (secondo alcuni) dall’insegnamento scolastico (se non altro la maggiore maturità degli studenti universitari), è tuttavia ATTIVITA’ DIDATTICA a tutti gli effetti: infatti, la quasi totalità dei dottori di ricerca ha, per anni, tenuto lezioni frontali, aiutato studenti nella stesura della tesi, svolto attività di laboratorio con gli studenti, interrogato in occasione degli esami e corretto una grande mole di compiti scritti. Ci sembra quindi ingiusto ed inaccettabile che tutto questo lavoro in ambito didattico agli occhi del MIUR non valga niente, e che il Piano La Buona Scuola voglia di fatto equiparare noi dottori di ricerca (e anche i laureati magistrali/specialistici) a dei semplici neo-laureati triennali, costretti ad iscriverci nuovamente ad un biennio di specializzazione, che nulla aggiungerebbe di sostanziale alle competenze già da noi possedute.

Solution 1:

Descrizione della soluzione

Descrivere la soluzione che, concretamente, si propone di adottare per raggiungere l'obiettivo.

Quando dovrà essere attuata questa soluzione? Individuare le eventuali fasi di attuazione.

Soggetto attuatore e verifica

Chi dovrà attuare o far attuare la soluzione? Come saranno monitorati e verificati, in caso di attuazione, gli esiti della soluzione?

Risorse necessarie e loro reperimento

Sono necessari fondi, volontari, strumenti, competenze specifiche per realizzare questa soluzione? Elencarli e quantificarli. Come saranno reperite tali risorse?

Aspetti etici, ambientali, sociali

Questa soluzione soddisfa i requisiti etici del gruppo o della comunità a cui si rivolge? Qual'è il suo impatto sociale ed ambientale?

E' disponibile della documentazione relativa alla soluzione?

Elencare e riassumere i principali vantaggi e i punti di forza di questa soluzione. Indicare chi sono i soggetti interessati dai vantaggi.

Elencare e riassumere i principali svantaggi e problemi di questa soluzione. Indicare chi sono i soggetti interessati dagli svantaggi.

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