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la crisi del lavoro (dall'Huffington Post)

Tecnologia e ineguaglianza: quali le sfide e le possibili soluzioni

Pubblicato: 01/03/2016 11:18 CET Aggiornato: 01/03/2016 11:19 CET
 

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"Le persone hanno bisogno di modi per condurre una vita soddisfacente, anche se la società ha bisogno di relativamente pochi lavoratori". Ciò è quanto scrive l'esperto statunitense Darrell West, con riferimento al fenomeno della crescente predominanza della tecnologia e dell'automazione in svariati processi produttivi, con il conseguente risultato della decrescente necessità di persone, di capitale umano.

Effettivamente, malgrado l'attuale tasso di disoccupazione negli Stati Uniti risulti soltanto del 5 per cento, la sottoccupazione è stimata al 10 per cento dal Bureau of Labor Statistics, considerando anche coloro che si trovano in qualche modo ai margini della forza lavoro e gli impiegati part-time per ragioni economiche e senza peraltro invece includere i cosiddetti "fuori dalla forza lavoro", vale a dire chi ha rinunciato del tutto a cercare un impiego.

Una causa preponderante, come detto, sembrerebbe essere la tecnologia: una situazione per taluni versi analoga a quanto sta accadendo oggi ebbe a verificarsi a cavallo tra '700 ed '800 con la Rivoluzione Industriale, quando ad esempio John Wyatt nel 1741 sosteneva che il suo nuovo filatoio meccanico avrebbe permesso ai proprietari delle fabbriche di sostituire 30 adulti con 10 persone inferme o bambini.

Ebbene, nel 2014 le vendite globali di robot industriali hanno raggiunto il numero di 225.000 unità, con una crescita annuale del 27%: se questo da un lato è segno di progresso, efficienza e modernità, dall'altro purtroppo non può non provocare conseguenze distorsive sul mercato del lavoro.

Oggi in America dati recenti indicano che la partecipazione della forza lavoro civile è in declino dal 2009, inoltre, se i salari sono rimasti fermi - senza indicizzazioni per l'inflazione - dalla metà degli anni '70, la maggior parte della ricchezza prodotta negli ultimi tre decenni è stata accumulata da appena una piccola elite di persone. Questo chiaramente significa disuguaglianza, economica e sociale. Una grande ingiustizia di tale realtà è il suo evidenziarsi fin dal momento della nascita di un individuo, in quanto un bambino di una famiglia indigente affronta ad esempio la malnutrizione fin da piccolo, con potenziali conseguenze anche nel resto della sua vita, mentre solo pochissimi bambini possono nascere e crescere come eredi di grandi ingranaggi produttori di ricchezza. Tutto ciò, ceteris paribus, tenderebbe naturalmente ad ampliare, o quantomeno a mantenere invariati, la forbice ed il divario in termini di opportunità sociali ed economiche per gli individui.

Di fronte al problema dell'ineguaglianza alimentata, in alcuni casi, anche dal progresso tecnologico, oggi la società e la politica si trovano dinnanzi ad importanti sfide. Darrell West propone alcune soluzioni creative per apportare benefici sociali laddove l'automazione ed i conseguenti effetti distorsivi continuano a salire. Una a esempio potrebbe consistere in un reddito di base da garantire a disoccupati o sottoccupati da automazione, in modo da offrire loro uno standard di vita accettabile. Un'altra potrebbe basarsi sul fornire alla forza lavoro attività per imparare ed allenarsi a stare al passo con l'innovazione tecnologica. Non sarebbe affatto cattiva nemmeno l'idea di offrire incentivi per il volontariato a quelle persone che in un futuro, pur non potendo più sostenere le loro famiglie con un lavoro regolare, vorranno magari continuare ad offrire un contributo alla loro comunità.

Una citazione a parte merita un'altra possibile soluzione, proposta e trattata non soltanto da West ma anche da diversi economisti e giuristi, fra cui Martin Weitzman, Richard Freeman e Robert Hockett: la partecipazione del lavoratore dipendente agli utili d'impresa. Ciò al fine di diffondere i benefici dell'incremento della produttività presso la forza lavoro, ma anche e soprattutto di ridurre l'ansia e l'avversione degli impiegati nei confronti delle innovazioni tecnologiche rendendoli a tutti gli effetti stakeholder delle loro aziende: le loro eventuali perdite salariali potrebbero essere infatti compensate dalla crescita del reddito netto legato alla partecipazione agli utili d'impresa.

Risulta infine sicuramente complementare a qualsivoglia soluzione percorribile una riforma del percorso dell'istruzione in modo da valorizzare le skills STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) che tanto saranno utili ai lavoratori del futuro. È indubbio infatti che gli studenti dovrebbero essere meglio preparati a sfruttare la propria creatività per rapportarsi con problematiche concrete ed attuali, per esempio tramite competenze di network collaboration, fluidità digitale ed innovazione imprenditoriale, che sono oggi fondamentali per la mobilità economica. Una grande sfida è dunque trasformare la struttura della scuola.

In generale, si può dire che gli interventi nel settore dell'istruzione non andrebbero più inquadrati soltanto in termini di bisogni di una società industriale, bensì anche in base alle esigenze di un'economia sempre più tecnologica e basata sul calcolo. In tal modo, provando a colmare il gap tra l'intelligenza umana e la macchina, si ridurrebbe senza dubbio la sottoccupazione, non solo nell'ambito del lavoro dipendente ma anche e soprattutto tramite l'impulso alla nascita di nuove iniziative d'impresa e start up innovative: le capacità imprenditoriali di persone magari disoccupate - o insoddisfatte del loro lavoro - potrebbero finalmente trovare terreno fertile.

(Testo a cura di Daniele Bucello, Action Institute)

Added by Maurizio Sapora on 02 Mar 2016 at 11:42 AM | Comments (0)
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