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BEJELENTKEZÉS

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La scomparsa della partecipazione ... e della democrazia.

Parafrasando un cantautore di tempo fa: "... la democrazia è partecipazione ...".

Che senso ha una democrazia senza partecipazione? Se manca la partecipazione il termine "democrazia" stride con il suo stesso significato: "governo del popolo".

"Democrazia" è una parola è inflazionata, sulla bocca di tutti e usata per etichettare qualunque cosa; ma suona sempre più strana... e il dubbio avanza: ci troviamo di fronte ad un miraggio o un inganno, una definizione vuota.

Oggi e in passato vari regimi poco raccomandabili, si sono auto-definiti democratici: bastava organizzare delle votazioni di tanto in tanto... o anche un semplice plebiscito, e il termine "democratico" poteva apparire nella definizione del loro sistema politico. Ma la sostanza non mutava: i "rappresentanti" del popolo erano predefiniti, i quisiti erano prestabiliti, le scelte obbligate. A che fine allora partecipare alla mascherata?

I dati dell'ultima tornata elettorale sono chiari: 1 persona su 2 non è andata a votare. Non si sente il bisogno o l'utilità di partecipare alla scelta dei propri rappresentati.

I politicanti (tutti!) si sono affrettati ad esultare dei loro risultati. Rigirando i numeri, le percentuali, i sondaggi, le aspettative, interpretando opportunamente le astensioni... tutti trovano motivi di soddisfazione.

Ci sono o ci fanno? Penso che non siano degli stupidi... pertanto ci fanno. Temo che in molti casi, il loro successo maggiore è proprio l'aumento dell'astensione.

Lasciamo perdere i casi più estremi, di interi paesi dove non è stato nemmeno possibile creare una giunta, dove le organizzazioni mafiose sono le uniche che dettano legge. Ragioniamo sulla massa degli italiani: metà ritiene tempo perso andare a votare.

Menefreghismo? Qualunquismo? Sfiducia totale dell'istituzione politica italiana?

Qualunque sia la causa, il risultato è che la classe dirigente è sempre più selezionata da clienti, malavitosi, lobbisti... o anche solo da persone che pensano che gli ritornerà subito qualcosa in tasca.

Che l'educazione civica non sia caratterista tipica degli italiani non è una novità, pertanto non sorprende l'indifferenza di fondo. In questo modo però i qualunquisti e gli sfiduciati diventano causa delle loro terribili predizioni.

Tra quest'ultimi, la domanda (in forma retorica) che si sente più spesso è: "Ma per chi vale la pena di votare?".

Domanda difficile visto l'involuzione del sistema.

Un tempo era passata l'idea "votare il partito meno peggio, turandosi il naso". Ma molti che l'hanno praticata non ne hanno più voglia, non riuscendo a capire se esiste un "meno peggio".

Di sicuro le riforme istituzionali che hanno spinto alla riduzione dei partiti, bruciando l'arco di possibili rappresentatività sull'altare della stabilità politica, non ha favorito chi cercava una forza politica che veramente lo rappresentasse.

Non hanno favorito nemmeno la sfilza di nuovi partiti che, professandosi innovativi, si sono incanalati presto nelle più becere pratiche del partitismo anni 80-90.

Non hanno favorito la testarda "risolutezza" di alcune forze politiche, nel non venirsi incontro, perlopiù nella speranza di catturare il voto dei duri e puri di questa o quella posizione.

Sta di fatto che oggi un 15% degli elettori eleggono la maggioranza assoluta dei politici, intenzionati ad usare il potere in maniera assolutamente arbitraria, asfaltando ogni ipotesi di collaborazione con il resto del paese. Sempre più sudditi di pochi, insomma.

E' democrazia un paese che è governato da gente che è appoggiata dal 15% della popolazione, ignorando la posizione di tutti gli altri? Per me, NO.

Luca Zanellato

Che bell'articolo e analisi semplice e diretta, noi siamo qui e cercheremo di far tornare la voglia di partecipazione ma dobbiamo smuovere uno su 100 e questo proposito non sarà facile da raggiungere.
Tutti sono cosi presi dalle loro questioni domestiche e di sopravvivenza che non riescono neanche a pensare ad una ipotesi di partecipazione diretta. Poi si vuole negare la partecipazione richiamandosi alla necessità della conoscenza dei temi trattati. La gente crede di non conoscere e di conseguenza di non poter deliberare.
Ma basta semplificare, cosi come noi vogliamo semplificare Airesis per aumentare la partecipazione, bisogna semplificare il linguaggio per ridurre i temi ai minimi termini del linguaggio comune e questo è un punto fondamentale che dobbiamo tener presente ad ogni proposta che in futuro partirà in Italia Democratica.
Un altro punto è la totale trasversalità della nostra iniziativa, chiunque voglia deve poter partecipare, seguendo solo semplici regole civiche.
Riguardo al cantautore, se è Gaber mi sembra che abbia detto "libertà è partecipazione" ma devo riascoltarlo... Grazie Luca per l'articolo!
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